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giovedì 28 ottobre 2004



Così voglio immaginarti, così voglio vederti.
Così t'ho conosciuta, così t'ho immaginata e così voglio che resti... a quattro zampe, nella polvere, nello sporco.
Così voglio che ti vedano gli altri, così voglio che ti sognino gli altri... un corpo, solo un corpo da usare e da abusare.
Solo un animale che si espone a quattro zampe, mostrando la parte migliore di se a chi lo guarda da dietro.
Intoccabile... un sogno... un sogno proibito... un immagine che tormenta le notti e che spreme di desiderio facendoti alzare spossato.
Lasciamoli sognare... lasciamo che sputino tutto il loro odio per non poterti toccare.
Lasciamo che non sappiano della tua parte pura, lasciamoli nel sogno.
Quella è mia. Quella è un dono che mi stai facendo giorno per giorno fra mille incertezze e mille paure.
E io so aspettarti, voglio aspettarti. Voglio aspettare la tua completezza in mezzo allo sporco più sporco e al puro più puro.
Voglio aspettare notti buie da passare insieme e giorni pieni d'azzurro. Voglio aspettare le tue violenze e le tue dolcezze. Voglio aspettare il nostro sereno dopo le tempeste.

 

sabato 23 ottobre 2004



Resta l'immobilità dell'ultimo momento.
Poi la decomposizione... lenta e inesorabile lascerà solo polvere mischiata a altra polvere.

venerdì 22 ottobre 2004

Dovrei rassegnarmi al mio "non funzionamento", o al mio funzionamento "rovesciato". In fondo non ci sarebbe niente di male. Perché non riconoscerlo. Dire che "creo" è esagerato, quindi dico che faccio le cose già immaginandone la fine. Parto vedendo già il traguardo, ma non il traguardo da oltrepassare a braccia alzate e ben attento a far leggere lo sponsor sulla maglietta, ma quel traguardo già abbandonato da tutti, dove arrivi solo, spompato, senza pubblico... al massimo ci trovi le cartacce e le lattine vuote.
Ma è quello il bello... immondizia attorno e nessun pubblico, per tirare il fiato sotto una doccia gelata.
Tendo a far male, voglio far male, faccio male... è più forte di me... voglio "distruggere" sapendo di soffrirne per primo.
Dovrei mettere un cartello all'ingresso: "Sicuri? Guardate che sarà sicuramente così... Avvisati... Declino ogni responsabilità. Cazzi vostri poi..."
Amore, amicizia... uno complementare all'altro.
Sesso... Quale?
Quello "adorante"?
Quello "classico"?
Quello "strano"?
Quello delle "carezze" e "sfregamenti"?
Quello "ce l'ho lungo; ce l'ho corto; duro tanto; duro poco..."?
Quello della sigaretta, dopo, chiedendosi "le sarà piaciuto... me la darà ancora o ho fatto una figura da cazzo? Cristo!!! potevo resistere un po' di più..."
Ci sono i buoni samaritani e m'invento la categoria dei "cattivi samaritani", come una volta m'inventai il futuro "remoto".
Giusto per curiosità vorrei saperne le motivazioni, ma non per guarirne. Non mi sento "malato"... solo per curiosità... magari il 12 maggio del 1978 m'è successo qualcosa che m'ha portato a questo... o il 30 settembre del 1965, che ne so.
Voglio solo "fare male"... è più forte di me. Devo solo avere partner giusti... partner che si specchino in me... un mio "rovescio". Ecco... ho bisogno d'un mio "rovescio".
D'altronde lo specchio non restituisce l'immagine rovesciata?

lunedì 18 ottobre 2004

Affiancati... aggrappati... teniamoci per mano... andiamo via... ti porto lontano, portami lontano, portiamoci lontano. Dove non so, dove non sai, dove non sappiamo, ma ovunque si possa dimenticare quello che è passato, ricordandolo sempre, senza paure, senza mai perdere il coraggio di vivere la nostra purezza e il nostro sporco. Senza mai perdere il coraggio di non cambiare. Senza mai perdere l'orgoglio di camminare vicini e con l'orgoglio della nostra appartenenza estrema.

domenica 10 ottobre 2004



Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande che sono simili a stanze chiuse
e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che non possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivi le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta.

di Rainer Maria Rilke

 

mercoledì 6 ottobre 2004

Anche questa mattina mi sono svegliato
e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
si sono buttati addosso a me alla rinfusa
e la luce d'argento annerito della lampada


Mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
e il giallo della parete e tre righe di scritto
e la camera d'albergo e questo paese nemico
e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta


Mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
e la nostra separazione e quello che siamo


Mi sono svegliato anche questa mattina
e ti amo.


(Nazim Hikmet)










martedì 5 ottobre 2004

Alla rinfusa


Mise di fretta e alla rinfusa le poche cose che s’era portata in quella sacca nera che aveva comprato all’inizio dei loro incontri. Se n’era andato... non sarebbe tornato più. Non aveva lacrime, né ne tratteneva. Solo un dato di fatto nella sua testa: era finita. Si stupì della sua reazione. Quante volte aveva immaginato la cosa? Quante volte aveva voluto prepararsi a quella possibilità? Quanti discorsi tranquillizzanti s’era preparata? Infinite, infiniti... e forse era per questo che “prendeva atto”…, solamente quello.
Tante volte aveva recitato nella sua mente quella scena che e ora si muoveva come un’attrice alla centesima replica, con gesti misurati e sicuri, seguendo quel copione immaginato.
Scacciò un ricciolo sulla fronte. Un gesto abituale, un gesto che anche lui le faceva spesso quando i suoi capelli le cadevano sugli gli occhi mentre facevano l’amore… voleva vedere… voleva vedere sempre i suoi occhi. Fu quello, fu quel gesto che la risvegliò. L’attrice improvvisamente dimenticò la sua parte e il suo corpo non rispose più agli impulsi che gli arrivavano. Si trovò seduta sulla “sua” poltrona, il viso nelle mani che avevano perso la sicurezza dei gesti e che cominciavano a tremarle. Buttò indietro la testa e si lasciò andare. Per la prima volta, dopo tanti mesi, era sola, di nuovo sola, disperatamente sola.
Si immaginò allo specchio l’indomani mattina, la prima mattina in cui non avrebbe avuto un sms con il buongiorno.
Come si sarebbe vista? Chi avrebbe visto?
Pensò a quello che era prima, prima che arrivasse lui, e scacciò quell’immagine estranea ma incombente e opprimente.
Pensò a come s’era specchiata la mattina pensando a quell’incontro, e si ricordò la bellezza dei suoi lineamenti distesi, della sua voglia d’abbracciare il mondo, di abbracciarsi e ballare con se stessa.
Alla seconda boccata della sigaretta che aveva acceso, cominciò a piangere.
Era solo una bambina che aveva perso la mano calda che l’accompagnava. Una bambina spaventata dal mondo che la circondava. Una bambina senza protezione… e la poca luce che filtrava dalla finestra di quella stanza in penombra le fece riprovare la sensazione della paura del buio, una sensazione persa da quando aveva cominciato a condividerlo con lui, e ora i fantasmi tornavamo a martellarle le tempie… e un odore intenso di farina le salì alle narici.
Sentì la vescica improvvisamente piena, ma non osò muoversi… avrebbe lasciato tracce su quella farina, e un altro “lui” si sarebbe accorto che si era alzata a fare la pipì.
Improvvisamente si scosse. Non era nella cameretta della sua infanzia, ma nella casa in cui era stata “donna”. Donna completa, donna che amava, che amava d’amore mai provato, e che sapeva essere amante depravata per il suo uomo a cui non bastava mai. Donna bambina per un altro “lui” che avrebbe lasciato una traccia nella sua vita.
Non riusciva a alzarsi… aveva paura di lasciare anche lì tracce nella farina, e se lui fosse tornato avrebbe capito che s’era alzata per andarsene, e non voleva andarsene. Improvvisamente sentì caldo fra le cosce, e risentì quel calore che provava quando lui l’accarezzava fra le gambe. Invece era calore diverso… era la sua vescica che s’era svuotata senza che lei se n’accorgesse. Cominciò a tremare e passi cadenzati gli rimbombarono in testa. Rivide una cinghia… quella cinghia nera che aveva violentato la sua pelle, mentre “lei” si defilava per non vedere…
Non avrebbe urlato, non avrebbe urlato nemmeno quella volta. Sarebbe uscita dal suo corpo per andare a camminare sulle riva di un lago dorato, cullando Minnie fra le sue braccia, mentre la sua pelle avrebbe perso candore per diventare rossa… sempre più rossa a ogni nuovo sibilo.
La poltrona di pelle non assorbiva, e lei continuò a stare in quel “lago dorato” della sua urina, con quell’odore acre che si sentiva addosso.
Quante volte era stato piacevole sentirlo quando lui le riempiva la bocca guardandola fissa negli occhi. Quante volte era stato piacevole sentirlo mentre le loro bocche s’univano in quel bacio “sporco” ma puro, d’una purezza che è la condivisione estrema dei propri corpi. Una bocca meravigliosa… meravigliosamente sporca… quella stessa bocca che baciava la figlia riusciva a degradarsi per il proprio piacere, per il piacere del proprio uomo.
Si bagnò le dita e le portò alla bocca per riassaporare quel gusto, ma un conato di vomito le venne improvviso. Non era la stessa cosa… non era lo stesso sapore… non era condivisione… era solo piscia in bocca, piscia stomachevole.


“Mamy mi sono persa… mi sono persa di nuovo… t’ho delusa… non ce l’ho fatta, ma lo volevo sai?… è la cosa che ho voluto più di tutte. Mi perdoni Mamy?... Mi perdoni?”


Ma anche questa volta Mamy se ne andò, leggera, impalpabile, per non vedere la sua bimba coi jeans bagnati fra le cosce. Per non vedere la sua bimba che non era riuscita a crescere. Per non vedere la sua bimba che non aveva saputo amare fino in fondo. Per non vedere la sua bimba che non aveva avuto coraggio. Per non vedere la carne della sua bimba ancora violentata. Da se stessa però, questa volta.
















lunedì 4 ottobre 2004

SEMPLICEMENTE ABBRACCIAMI

Non chiedermi se ho avuto una cattiva giornata,
una settimana cattiva,
un anno cattivo,
una vita cattiva.
Non chiedermi se ho voglia di parlarne,
se ho voglia di piangere,
se ho voglia di restare un po' solo.
Non chiedermi nulla:
semplicemente abbracciami.
Abbracciami subito.
Tienimi stretto a lungo.

(R.F.)

Ti proteggerò, ti stringerò e ti terrò calda nella mia mente e nel mio cuore in queste notti fredde, in un abbraccio infinito.