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giovedì 25 novembre 2004



Non ci facciamo niente di male e non facciamo niente di male... Non ci facciamo niente di male andando dove gli altri non sanno andare...
Noi siamo gli scrittori delle nostre trame... Noi siamo protagonisti in scena. Nei titoli di coda dei nostri film non potremo mai scrivere che "ogni riferimento è puramente casuale"... Non recitiamo per stupire... non recitiamo mai, viviamo solamente "il nostro bianco, il nostro nero e il nostro intermezzo".
E noi non possiamo desiderare niente di più perchè la fogna è il posto giusto dove poterci guardare negli occhi... la fogna è il posto giusto dove poter fondere le nostre anime... la fogna è il posto giusto, lontano da tutti, dove vivere liberi i nostri sentimenti...

mercoledì 24 novembre 2004

Mi hai insegnato...



Mi hai insegnato che le parole più profonde possono anche non essere dette, quando si sanno sentire ugualmente, e m'hai insegnato parole vecchie e quasi dimenticate, togliendo loro quella patina a cui tempo e abitudine avevano nascosto il significato.
Mi hai insegnato cosa vuol dire appagamento... l'appagamento di una vita, una vita sempre vista prima alla finestra. L'appagamento che sa dare un pensiero, un'emozione, il ricordo d'una voce, una lettera, una poesia non sempre capita fino in fondo, una notte passata su un divano.
Mi hai insegnato la bellezza dell'attesa... quell'attesa che la mia frenesia rigettava in vortici di giochi e d'emozioni vuote e false, condite da parole e movenze sempre uguali, lette e imparate, di nascosto dalla vita, da un copione polveroso trovato e rubato in un teatro abbandonato.
Mi hai insegnato cosa vuole dire incertezza e imperfezione... nel loro significato più profondo, che è l'esatto contrario di quello che sta scritto sul dizionario di tutti gli altri, in tante altre parole diverso dal nostro.
Mi hai insegnato cosa vuol dire altalenanza... facendomi sentire un bambino spaventato quando la spinta era troppo forte, spinta che non ha fatto chiudere gli occhi alla paura che ti fa roteare il mondo attorno, e senza voler scendere per sentire la terra salda sotto ai piedi.
Mi hai insegnato cosa vuol dire insicurezza... quell'insicurezza che il mio egoismo m'aveva fatto dimenticare perché sempre e solo: "Io".
Mi hai insegnato cosa vuol dire paura... facendomi condividere la tua, facendomi assaporare la mia, lentamente, minuto per minuto, giorno per giorno.
Mi hai insegnato leggere... a leggere con gli occhi giusti, sorridendo, a volte, di quello che offri a tutti, dandogli la giusta importanza... un importanza che rende immensamente più importante quello che dai solo a me, quello che "gli altri non sanno che...".
Mi hai insegnato il significato di profondo... profondo legato alla parola "legame"... quel legame, quella corda che ci stringe forte, senza fare capire a nessuno, nemmeno forse a noi, sul corpo di chi è il nodo iniziale e quello finale.
Mi hai insegnato che le parole "mio" e "tuo" non hanno ragione di essere, così come mi hai insegnato cosa vuol dire "plurale".
Mi hai insegnato che tutte le parole hanno un loro contrario, ma se questi contrari si sanno fondere, il risultato rasenta la perfezione.
Mi hai insegnato la parola orgoglio... quell'orgoglio "sano", senza presunzione, che provo quando mi giro e ti vedo al mio fianco.
Mi hai insegnato la parola cazzo... e mi hai insegnato che non è un "cazzo" a fare un uomo.
Ecco...
Prima che tu m'insegnassi tutto questo ero solo un "cazzo"... un "cazzo" con un uomo attorno.

 

martedì 16 novembre 2004



Onore? Dignità? Rispetto per me stesso?
A pensarci bene non ho avuto nessuna di queste cose e nemmeno me n'è mai fregato un cazzo.
Non ho chiesto di nascere. Ma, se si potesse, dopo aver guardato la cassetta della propria vita chi mai lo chiederebbe?
Non sono riuscito a farmi amare, e ho quasi sempre preso decisioni sbagliate.
Non sono riuscito a fare capire quanto amavo.
Non riesco a fare capire quanto amo, e fra Noi ho sempre sbagliato io.
Lascio che la vita decida per me.
O vuoi che decidiamo insieme chi sedrà su quella sedia?

 

lunedì 15 novembre 2004

Pain



Quando non ho avuto più nulla da perdere, ho ricevuto tutto. Quando ho smesso di essere chi ero, ho incontrato me stessa.
Quando ho conosciuto l'umiliazione e la sottomissione totale, sono stata libera. Non so se sono malata, se è stato un sogno, o se accade una volta sola. So che posso vivere senza tutto ciò, ma io vorrei incontrarlo di nuovo, ripetere l'esperienza, spingermi oltre il punto in cui sono arrivata.
Avevo paura del dolore, anche se non era forte quanto l'umiliazione - era solo un pretesto. Nel momento che ho avuto il primo orgasmo dopo molti mesi, nonostante i molti uomini e le molte cose diverse che hanno fatto col mio corpo, mi sono sentita - è mai possibile? - più vicina a Dio.
Mi sono ricordata quello che Lui ha detto sulla Pesta Nera, sul momento in cui i flagellanti, nell'offrire il proprio dolore per la salvezza dell'umanità, scoprirono il Piacere.
Io non volevo salvare né l'umanità, né lui, né me stessa. Semplicemente mi trovavo lì.
Il sesso è l'arte di controllare la mancanza di controllo.

 


(da: Undici minuti, di Paulo Coelho)


C'è sempre una donna o un uomo, nella vita, che ti spaventa e ti sottomette totalmente ai suoi capricci.

sabato 13 novembre 2004

Un po' di me...

Credo solo in due cose, nelle donne e nella morte. Spero che la morte non provochi la stessa nausea che certe donne provocano.
Forse credo anche nella reincarnazione, sarà per questo che provo un prepotente desiderio di rientrare nell'utero di chiunque.
Non condanno la masturbazione. E' fare del sesso con qualcuno che ami e poi è la primaria attività sessuale del genere umano.
Non condanno la sodomia...
è spiritualmente edificante per le sue difficoltà e i suoi tormenti.
Non condanno la mezz'età...
anche se non va considerata senza orrore.
Non condanno i promiscui.
Chi è in fondo una persona promiscua? È uno che ha una vita sessuale più attiva della tua.
Non condanno i puttanieri...
Il sesso e' la cosa piu' bella, naturale e pura che i soldi possano comprare. E poi tutte le foglie di fico, una volta tolte, presentano dietro il cartellino del prezzo.
Considero il sesso innanzitutto una cosa molto visiva. Vedo una donna e penso: è scopabile, no non è scopabile. E chi sostiene di non pensare così, è un bugiardo.
Non sono mai riuscito a dire ad una donna che era stato un piacere stare con lei se lo "stare" si riferiva a una conversazione.
Chiudo con Peter Devries:
Il sesso nel matrimonio è come una medicina. Tre volte al giorno per la prima settimana. Poi una volta al giorno per un'altra settimana. Poi una volta ogni tre o quattro giorni fino a guarigione.











domenica 7 novembre 2004

Appartenenza



Chissà cos'è l'appartenenza.
Chissà cos'è l'annullamento.
Un illusione?
Uno stato mentale solamente?
Uno stato mentale e fisico?
Un elastico portato stretto al polso?
"Sono tua"... Ti appartengo... ma come voglio io, però."... più o meno consapevolmente pensato, ma non detto.
Strano modo di concepire l'appartenenza.
Strano modo di concepire l'annullamento.
Restano questi punti interrogativi che non saranno svelati.
Ma perché svelarli? C'è uno standard di appartenenza, di annullamento?
Forse è solo uno stato mentale, come il desiderio di qualsiasi cosa che quando hai a portata di mano ti fa scappare via spaventata.
Più facile cullarsi nel proprio buio... Perché accendere luci che svelerebbero quello che non sei, non sai essere, non puoi essere?
Più facile sedersi su uno scoglio e guardare le onde che ti portano alla deriva...
Difficile staccarsi da quelle placide onde che ti cullano, ti trascinano, ti proteggono dall'esterno, ti danno l'illusione di guidare, senza nessun'altra possibilità, la tua vita.
E se scoprissi poi che potevi non andarci alla deriva?
E se scoprissi poi che anche il corpo ha bisogno di esprimersi al di là delle parole?
No...
Blogga...
Puoi farlo all'infinito...
Spogliati dei vecchi panni, vecchi template, vecchi blog... creane di nuovi... non costano niente, non fanno male e sarai sempre tu la tua padrona.
E quello che ho scritto non è qualcosa di non profondo... se sai ancora leggermi.

 

sabato 6 novembre 2004

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."

(I. Calvino)

venerdì 5 novembre 2004

Ci sono troppo affezionato... e allora "Esterno impropriamente".

Dice... Alle donne lo metti nel culo ma non in testa. E perché metterglielo in testa? Basta nel culo, è più appagante e meno faticoso.
Dice... Tira più un pelo di figa che una pariglia di buoi. E quelle che se la depilano?




giovedì 4 novembre 2004



Sangue... dolcezza... colori sfumati che si mischiano l'uno nell'altro.
C'è un corpo di donna nudo, macchiato di sangue, tenuto stretto, ma non dolcemente, no... tenuto da una mano avvinghiata nella pelle. Le unghie lasceranno segni rossi e piccole macchioline di sangue... striature che volgeranno al viola per poi scomparire, lentamente.
Lei dolcemente abbandonata, con grazia da ballerina, a quella mano che la stringe... senza sentire il dolore delle unghie che la penetrano. Abbandonata al dolore, ma sicura che la presa non l'abbandonerà.
Sospesa in quel vuoto lo sfida... lo deride... deride le paure che prima le provocava.
Ne rimane ancora una, una sola. La paura che la sua pelle possa cedere, possa strapparsi. Sì... la sua pelle, quella... quella è l'unica cosa che può tradirla perché la mano la stringe forte... non l'abbandona mai.
Ebbra di sicurezza e paura, dolcemente abbandonata finalmente, senza pensieri se non quello d'alzare lo sguardo e incontrare quegli occhi che la guardano nell'anima e ricambiare lo sguardo per guardare anche lei nel profondo di quegli occhi fino ad entrare giù... giù... dove gli altri non hanno mai visto.
Dolore che si trasforma in piacere e piacere che diventa dolore.
Sicurezza piena di paura e paura di una sicurezza mai provata prima.
Stato cosciente d'incoscienza. Incoscienza vissuta in una realtà mai così solida.
Offerta del suo corpo nudo per svelarne la vergogna e la purezza, perché l'uno diventi l'altro, perché l'uno si mischi con l'altro, perché l'uno non rinneghi l'altro, perché l'offerta non sia di una parte sola ma della sua completezza di Femmina e di Donna.
Un immagine piena di sfumature che il disegnatore ha aggiunto poco per volta per completarla, senza fretta, piano piano senza forzare la mano - anche nella vita bisogna aggiungere sfumature senza forzarle - , ma dove domina quel viola e quel corpo di donna sospeso nel vuoto.
Lui quasi non si vede o, se si vede, si vede un attimo e poi scompare.
E' lei la più forte dei due... è lei che può cadere... è lei che si mette in gioco affidandosi a quelle unghie che gli si piantano nella carne.
E' lei che rischia di scomparire inghiottita da quel vuoto e con la carne a brandelli.
Rischia..., ma non succederà. Lei lo sa che non succederà... e è per quello che ha cercato e scelto quella mano... Quella e non un'altra.