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giovedì 30 settembre 2004

"Quando di notte sogno e sono stravolta(o) dal desiderio, e ti odio e ti amo, quando dico ai vicini di casa che qualcuno nella notte mi seduce e poi mi abbandona, e quando loro mi deridono perchè non vedono niente, loro non sanno che parlo di te. Ma ciò che è accaduto qui tra queste mura, che ad altri paiono disordinate e inferme, lo sappiamo soltanto io e te".
(Alda Merini)


Ma l'animale che ci portiamo dentro non ci fa vivere sempre felici...
Ci fa vivere felici solo quando siamo insieme.
Si prende tutto, anche i nostri caffè.
Si prende tutto, anche le nostre sigarette.
Si prende tutto, anche i nostri pensieri.
Si prende tutto, anche ogni nostro istante.
Si prende tutto, anche i nostri giorni.
Si prende tutto, anche le nostre notti.
Si prende tutto, anche i nostri corpi.
Si prende tutto, anche le nostre speranze.
Si prende tutto, anche le nostre paure.
Ci rende schiavi delle nostre passioni... non si arrende mai e non sa attendere.
E l'animale che mi porto dentro vuole te.
E l'animale che ti porti dentro vuole me.
Ma l'animale muore, quando siamo noi.
Muore e lascia spazio a un altro animale... il nostro animale.
















Strappami di dosso questo essere "maschio". Strappami di dosso il miele che a volte mi avvolge, ma poi ridammelo. Prestami la tua mano per farmi scrivere le cose che sento... ti odio profondamente quando ti leggo. Ti odio perché sai darmi sensazioni che io non so dare. Ti odio perché quando scrivi sei anche di altri e di altre. Farmi tornare a ragionare col "cazzo", o strappamelo. Fammi pensare che voi siete solo due categorie: scopabili o non scopabili. Fammi guardare solo fra le gambe, e non al cuore.



Mi sono svegliato stamattina con la malinconia che mi girava nella testa
Senza alcun bisogno di chiedermi perché
Sono andato in cucina, ho acceso una sigaretta
E ho soffiato al cielo le mie ansie.


Fammi vivere, o lascia che loro finiscano quello che hanno iniziato trent'anni fa o giù di lì... lentamente... una dopo l'altra... da accendere, aspirare, godere e poi buttare. E finito un pacchetto ne apro un altro, sempre con le stesse mosse, sempre con la stessa noncuranza di un gesto che fa parte di me, come tu ora fai parte di me.





lunedì 27 settembre 2004

Perché sognare? Perché stare alla finestra? Perché "io vorrei... non vorrei..."
E volere, una volta, no? E volare, una volta, no? E tirare fuori, invece di ricacciare dentro, no?
A volte non capisco...
NOI non c'entriamo in questo... è solo una riflessione su chi passa di qui e tiene il freno a mano tirato.




sabato 25 settembre 2004

Parte di me sospetta che io sia un perdente, e parte di me pensa che io sia Dio onnipotente.

Dio onnipotente fotte il perdente dicendogli che "E' troppo... è troppo anche per uno come te".
E Dio onnipotente intanto pensa... "Vediamo... vediamo se saprai supplicare una mia parola... vediamo se sai gustare le attese fino a farle diventare insopportabili... vediamo se sai sopportare una vera non presenza che ti martella le tempie ogni istante, al punto di sentirti disperata".
Vediamo. Se sarà sì, allora avrai imparato a camminare sola e non sentirai più nessuna dipendenza.





venerdì 24 settembre 2004



Llènate de mì

 


Riempiti di me.
Desiderami, prosciugami, versami, immolami.
Chiedimi. Raccoglimi, contienimi, nascondimi.
Voglio essere di qualcuno, voglio essere tuo, è la tua ora.
Sono colui che è passato con un salto sulle cose,
il fuggitivo, il sofferente.
Ma sento che è la tua ora,
l'ora che la mia vita cada a gocce sulla tua anima,
l'ora delle tenerezze che non ho mai dispensato,
l'ora dei silenzi che non hanno parole,
la tua ora, alba di sangue che mi nutrì di angosce,
la tua ora, mezzanotte che mi passò solitaria.
Liberami da me. Voglio uscire dalla mia anima.
Io sono questo essere che geme, che brucia, che soffre.
Io sono questo essere che attacca, che urla, che canta.
No, non voglio essere così.



Perché tu sei la mia rotta. Ti forgiai nella lotta viva.
Dalla mia lotta oscura contro me stesso, nascesti.
Da me hai preso questo marchio di avidità non saziata.
Da quando li guardo i tuoi occhi sono più tristi.
Andiamocene insieme. Apriamo questa strada insieme.
Sarò la tua rotta. Passa. Lasciami andare.
Desiderami, prosciugami, versami, immolami.
Fa' vacillare gli assedi dei miei ultimi limiti.


E che io possa, al fine, correre in folle fuga,
inondando le terre come un fiume terribile,
sciogliendo questi nodi, ah Dio mio, questi nodi,
distruggendo, bruciando, abbattendo
come una lava folle quello che esiste,
correre fuori di me, furiosamente libero.
Andarmene,
Dio mio,
andarmene.


(Neruda)

mercoledì 22 settembre 2004



Così voglio pensarti... come una bimba golosa che aspetta il suo premio in bocca... e che lo aspetta bendata e a bocca aperta.
A bocca aperta perché tutte le bimbe la protendono così, quando sono golose.
Bendata perché non debba avere importanza di chi è quella mano... basta sapere che è la "sua"... basta sapere solo quello.
Basta sapere che è la mano di chi ha saputo riempirti parte della vita... a cui hai saputo riempire tutta la sua vita.
Basta sapere che è la mano che t'ha schiaffeggiata e fatta soffrire, e non solo nel corpo.
Basta sapere che è la mano di chi t'ha fatto dire "E' troppo... è troppo anche per me".
Basta sapere che è la mano che t'accarezza i capelli quando un treno passa rumoroso e che ti fa spaventare.
Basta sapere che è la mano che t'accompagna sempre... ogni Istante della tua giornata e della tua notte.
Basta sapere che quella mano stringe forte la tua... e non vuole più lasciarla.
Basta sapere che solo la tua bocca aperta, e i tuoi occhi che non vedono, danno un senso all'esistenza di quella mano, e che senza di te si perderebbe in mezzo a tante altre mani anonime.

 

lunedì 20 settembre 2004

Cerchio: la perfezione di due estremi che si fondono. Un cerchio anale: la sublimazione della perfezione.
Tu, invece, sei solo un buco del culo, e non meriti mezza erezione.


sabato 18 settembre 2004



Parole rubate...



 



Tu mi dissodi
e mi getti
il seme d'ortiche
fra le cosce.

la crudeltà
del tuo fuoco
mi gonfia.

ma ripego
nel mio sangue

col ventre aperto
ti spopolo.

A. Koltz

domenica 12 settembre 2004

Regalami plurali...
Spingi e inarcati per dilatare il cerchio perché ci possa guardare dentro.
Rilassa i muscoli per farmi entrare meglio.
Regalami plurali...




sabato 11 settembre 2004



Hai partorito il bastardo... seduta su un cesso.
Concepito da un pensiero, partorito da un polso e benedetto da una croce rovesciata.
Guarda nel vuoto stringendolo forte.
Inizia a leccarlo per togliergli lo sporco, come fanno le scrofe.
Battezzalo d'urina, e dagli il nome che sai.
Dagli quel nome difficile... dagli quel nome che ti contorce le budella a pronunciarlo.
Più lo pronuncerai e più ti farà male, e più lo pronuncerai e più vorrai pronunciarlo.
E mi odierai perché non ti guarirò, ma lascierò spazio alle tue paure senza scacciarle, perché tu possa finalmente gustarne l'essenza fino in fondo.
Ti sentirai bene... intensamente bene... devastatamente bene... e tutti lì... a guardarti con inspiegabili punti interrogativi in testa. Solo i nostri saranno esclamativi.
Ti sentirai bene... fino alla prossima dannazione.

 



E poi mostrati così... come sei io fossi quello specchio...
Poi offrimi i tuoi pochi grammi di carne fra le gambe.
Profumami di sporco.
Inondami di sporco.
"Basta un buco ben usato..."
Mostrameli... mostramene due.
Inchiodaci sopra i miei occhi e le mie voglie.
E se allungherò una mano allora mordila, e che i tuoi denti mi strappino la carne.
E se alzerò la testa allora scalciala, per farmi male.
E se protenderò la lingua, allora strappala e dalla ai cani.
E tienmi lì così... facendomi sognare.
E tienmi lì così... facendomi disperare.
E tienmi lì così... facendomi urlare.
E tienmi lì così... facendomi desiderare.
E tienmi lì così... facendoti odiare.
E tienmi lì così... contando fantasmi che non ti spaventano più.
Uno, due, tre... dodici...
Come una filastrocca dai... Uno, due, tre... dodici... dai... continua.
Falli cadere come gocce in un bicchiere. Ogni goccia produrrà un'anello nell'acqua, che s'allargherà e si spezzerà contro le sue pareti.
Quando anche il dodicesimo anello si sarà spezzato, spacca a terra quel bicchiere. Scendi da lì, baciami sulla bocca e fammi ballare con te sui vetri taglienti.
E non ti chiedo più allora se VUOI ESSERCI...

venerdì 10 settembre 2004



Un abito bianco, strappato di dosso e buttato nel fango. Un demonio ti strapperà quella croce blasfema. Vene azzurre, da strapparti dal petto per legarti i polsi e le tempie, perché nessun pensiero possa sfuggire. Una corona di spine di ferro si sposterà dalla sua testa alla tua per diventare un sudario... e gocce di sangue si rapprenderanno nei tuoi capelli acconciati da sposa. Sarà questo il tuo matrimonio con me. E la sera, prima di darti per la prima notte, t'accoscerai su uno specchio posato a terra. Ti ci specchierai per trovarci la tua essenza... pochi grammi di carne fra le gambe e due buchi che vomitano sporco. Se ci scorgerai anche il tuo volto t'accorgerai che è solo un contorno inutile, come inutile eri, prima che ci scegliessimo. E mi odierai profondamente, con rabbia violenta. E avrai paura di parlarmi, avrai paura di dirmi cose che senti ma che ti spaventano. Ti contorcerai violentemente per trattenerle. Ma le mie dita in gola te le faranno vomitare tutte, e ti stupirai delle tue parole. E te ne starai lì a sentirne un eco contrario... un eco che non s'allontana e ti martella in testa. Ma sorriderai... e dirai "L'ho fatto..."... ti sentirai "invertita". E il tuo volto nelle specchio, questa volta, potrebbe dirti cose diverse che ti stupiranno... ti stupiranno fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?

 





















Violentata dal fuoco che t'accende e che ti trasforma in punto rosso nel buio. Fumata, lentamente, a lunghe pause, fra anelli di fumo che s'inseguono e si dissolvono. Ti consumi in cenere che s'aggiunge per terra a vecchie ceneri che prima o poi scoperò via, o lascierò lì... a mescolarsi insieme.
L'ultima boccata... più intensa delle altre...
L'ultima cosa che vedrai sarà il mio piede... e finirà tutto in un attimo.
E poi a terra fra le tante, sconosciuta fra le sconosciute, anonima fra le anonime... lì... fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?

martedì 7 settembre 2004

Un post vuoto non l'avrebbe accettato Mr. Splinder.
Prova a immaginarlo. Solo il nero dello sfondo. Non il buio... il nero.
Conosci la "non presenza"? Non è sentirsi soli. Sentire una "non presenza", è il panico. E' la "presenza" più devastante che mai si possa provare. E' una "presenza" che non smette mai di essere "presente". E non ci sono attese... solo vuoti. Vuoti di stomaco chiuso, di gola secca. Non inghiotti più, nervi tesi, fughe in angoli bui per scacciarla. E non c'è un istante che non ne colga la "presenza". E ogni istante ha la "i" maiuscola. E in ogni istante la mente grida "No... cazzo... no... vienmi a prendere...".
Forse fra un minuto, forse fra un ora, forse domani... forse mai più. No... lo scacci quel "mai più".
Gli occhi cercano e le orecchie lì... tese a ogni più piccolo rumore.
Questa è una paura.
Questa è un'angoscia.
Puoi solo crollare giù, con la testa fra le gambe, e non ci saranno braccia a sollevarti. Starai lì fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?








lunedì 6 settembre 2004

Ti guardo ancora una volta...
Guardami ancora una volta. Ancora qualche istante di luce bianca, poi, quando chiuderò la porta, solo freddo e luce fioca. Non buio, ma luce fioca. Non uno dei due estremi, ma una banale via di mezzo che renda tutto più difficile da sopportare... quanta ne basta a disturbare il tuo riposo.
T'ho messo una bambola che un uomo ha spogliato per vedere com'era fatta sotto. Che stupido... se voleva vedere com'era fatta una donna bastava me lo chiedesse... l'avrei fatto guardare sotto i tuoi vestiti. Scaldala fra le tue gambe, dagli il tuo odore, glie la restituirò perché l'annusi.
T'ho messo un coniglietto giallo perché tu lo stringa al petto. Cullalo e cantagli la ninna nanna. Una nenia lenta, senza tono nella voce, da ripetere all'infinito, finché anche un pupazzo possa chiudere gli occhi e avere vita.
T'ho messo un oroglogio fatto a cuore. Ti servirà a ricordarti che tu non l'hai, e ti servirà per sentire il tempo che non scorre.
Ho messo un tuo disegno di tanto tempo fa, di quando disegnavi senza che i tuoi polsi macchiassero la carta. Quando le tue dita erano sporche di pastello, e non "sporche" e basta. Quando le tue unghie erano pulite, senza sangue rappreso sotto.
T'ho messo il nastro giallo nei capelli, come allora, e i calzettoni colorati da bambina.
Nella tasca del pigiama t'ho piegato un foglio... un foglio con la poesia d'un adolescente. Non ricordo le parole esatte, ma parla dei suoi sogni... parla d'un lago dorato dove aspettare qualcuno per abbracciarsi forte. Parla d'un lago dorato e di sorrisi da toccare il cielo. D'un lago dorato dove i sogni diventano realtà, dove invecchiare sereni e bagnarsi nudi senza vergogna.
Leggila... una, cento, mille volte... fino a che le lacrime cancellino ogni parola e ti resti solo un foglio bianco, bagnato e stropicciato in mano.
Stringilo forte nel pugno... e stai lì... fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?

domenica 5 settembre 2004







































Potrebbe nascere questo, se il nostro sangue si unisse. Potrebbe nascere questo da un accoppiamento animale. Lo partoriresti nel sangue e senza dolore. VUOI ESSERCI?

Il burattinaio tira i tuoi fili per portarti dove vuole. E neanche permette che tu possa voltarti indietro per vedere la sua faccia. Ti costringerà a ballare anche se non vuoi. Ci saranno sempre spettatori davanti a te ad applaudirti perché lui saprà farti muovere con grazia, senza farti sbagliare i passi. Il sorriso te l'ha dovuto dipingere in faccia, perché sotto non c'è espressione. E quando s'accorge che le tue mani cercano d'afferrare qualcosa che a lui non piace... zac... uno strattone per ridarti i tempi giusti. E quando le tue gambe vorrebbero correre via... zac... un'altro strattone che ti riporta sui "suoi" passi. Se sei fuori tempo non importa... spesso gli occhi degli spettatori guardano lui che ti fa muovere, lui che ti da vita... lo sanno che tu sei finta. E la sera, finito lo spettacolo, ti toglierà il vestito perché non si sgualcisca e non si sporchi, riponendolo con cura. Ti pulirà a fondo, con spugne delicate, perché lo sporco, non resti sul tuo corpo. Controllerà che non ci siano graffi, perché passerebbe da cattivo burattinaio se dovesse mostrarti "danneggiata". E ti riporrà con cura, la notte, avvolgendoti in panni morbidi perché tu possa riposare bene e essere pronta al nuovo spettacolo. Una mattina però non ti troverà più. Qualcuno avrà tagliato quei fili perché tu possa andare dove senti d'andare. Qualcuno avrà tagliato quei fili perché tu possa sognare. Qualcuno avrà tagliato quei fili perché tu smetta d'essere pulita e ti possa tenere i tuoi graffi addosso senza nasconderli e mostrarli con orgoglio. Qualcuno avrà tagliato quei fili per legartene di nuovi, più stretti e dolorosi, che rigano polsi e caviglie, ma che ti lasciano libera di muoverti. E la spugna non sarà delicata, e vestirai un vestito sporco. Nessun panno morbido la notte, ma buttata in un angolo in pose innaturali. Lì... fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?

sabato 4 settembre 2004

Vomito, vomito, vomito... Ci ficco dentro le dita, ci frugo dentro, lo spargo intorno per vedere se t'ho vomitata, per raccogliere i tuoi resti e buttarli nella spazzatura. Le mie mani puzzano, la maglietta è sporca, il mio fiato è disgustoso... lo stomaco, finalmente liberato, mi fa male, non riesce ad aprirsi, gli occhi rossi e lucidi...
Non ci sei dentro... altri avanzi destinati alla pattumiera, ma tu no. Non sarai triturata, non sarai ammassata in altra spazzatura, non diventerai niente in mezzo a altro niente.
Continuerai a restare qui, sconosciuta, madre, sorella, amica, moglie, compagna, puttana, animale, oggetto... cerchio anale... Voglio quest'ultimo o il tuo volto? VUOI ESSERCI?

























Vorrei una casa in un posto lontano, in un posto dove le grida possano essere portate lontano dal vento senza che nessuno le possa sentire, se non io. Vorrei una casa spoglia, con le padelle appese ai chiodi e un rubinetto solo, su un vecchio lavandino, coi nostri piatti sporchi dentro e le tazzine di caffé con rimasugli di zucchero indurito. La vorrei senza corrente elettrica, con moccoli di candele sparsi qua e là nelle stanze dalle pareti sporche. Posaceneri pieni dei mozziconi. I tuoi sporchi di rossetto. Cenere caduta sul tavolino e sulle pagine aperte di un libro che nessuno legge più e che è rimasto lì, dimenticato come i sogni della nostra adolescenza.
Un letto mai più rifatto, lenzuole sporche di nostri umori, mischiati l'uno dentro l'altro e l'impronte dei nostri corpi che ingrigiscono il poco bianco rimasto. Macchie d'una mestruazione anticipata e sangue dei tuoi polsi seccato sul cuscino che abbracci sempre prima di dormire. Nessuna traccia del profumo che t'accompagna quando sei fuori di qui, solo il tuo odore, il tuo sudore. Il bagno con la porta sempre aperta perché tu non abbia nessun momento solo tuo.
Vorrei un giardino, dietro la casa, un giardino incolto dove nessun sguardo possa arrivare. Ci sarebbe una buca in quel giardino. Una buca che ti possa contenere, alta quanto basta per poterci fare i tuoi bisogni, e lunga quanto basta per farti stendere le gambe. E lì staresti, chiusa, col buio, gli insetti e i tuoi escrementi a farti compagnia fin che le grida siano uscite tutte fuori, fin che riuscirai a vomitarmi addosso tutto il tuo odio per te stessa e per me, che sarò seduto fuori ad ascoltarti. E ci pianterei un palo, in questo giardino, dove legarti un giorno che la pioggia scendesse fortissima. La testa piegata in avanti e le gocce tanti piccoli sassi che ti colpiscono forte, fin che il dolore diventi difficile da sopportare e le lacrime si mischino alla pioggia che ti scende addosso. Ti guarderei dormire, poi, con la pelle arrossata dal freddo e dalle frustate della pioggia, in mezzo al fumo delle mie sigarette. Donna o animale? Sentimento o solo un organo sessuale? Chi si usa di più?
Siamo indispensabili l'uno all'altro, ma vorrei te ne andassi senza voltarti indietro, senza salutarmi. Lasciati inghiottire ancora dalla tua vita... fino alla prossima dannazione. VUOI ESSERCI?